Il Ministero del Lavoro ha pubblicato la Circolare n.29 inerente le indicazioni operative per le verifiche su rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto. La Legge 92/2012 (Riforma lavoro) ha modificato la disciplina sulle collaborazioni coordinate e continuative a progetto modificandone alcuni aspetti contrattuali.
Cosa si intende per contratti di lavoro a progetto?
Dal testo della Circolare: ‘i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili ad uno o più progetti determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore‘. Questo progetto deve essere ben specificato nel contratto di lavoro e deve precisare quale sia il risultato che il lavoratore deve raggiungere con lo sviluppo del progetto stesso. La legge prevede infatti che la mancanza di uno specifico progetto determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
L’attività del lavoratore non deve essere una riproposizione dell’oggetto sociale del committente ma deve essere caratterizzata da autonomia di contenuti ed obiettivi. L’esempio citato nella Circolare parla di come sia possibile, nell’ambito di una azienda di software, affidare la creazione di un programma informatico avente particolari caratteristiche. Quest’attività è possibile perché pur affiancandosi all’attività della software house ha contenuto più specifico, un progetto con caratteristiche particolari. Se invece il contratto di lavoro avesse previsto semplicemente ‘la creazione di software per la clientela’ lo stesso non sarebbe stato valido.
Il lavoratore a progetto deve avere margini di autonomia anche operativa, quindi eventuali contratti per compiti meramente esecutivi o ripetitivi non possono essere contemplati.
Nella Circolare è presente un elenco di attività che il Ministero ha voluto indicare come attività non inquadrabili nella casistica dei contratti a progetto perché rientranti in altri rapporti di natura autonoma:
- addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici;
- addetti alle agenzie ippiche;
- addetti alle pulizie;
- autisti e autotrasporto;
- baristi e camerieri;
- commessi e addetti alle vendite;
- custodi e portieri;
- estetiste e parrucchieri;
- facchini;
- istruttori di autoscuola;
- letturisti di contatori;
- magazzinieri;
- manutentori;
- muratori e qualifiche operaie dell’edilizia;
- piloti e assistenza di volo;
- prestatori di manodopera nel settore agricolo;
- addetti alle attività di segretaria e terminalisti;
- addetti alla somministrazione di cibi o bevande;
- prestazione rese nell’ambito di call center per servizi c.d. “in bound”.
Il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità dell’attività svolta e la legge dispone che lo stesso “non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività.
Se non vi fosse una contrattazione collettiva specifica, il singolo committente dovrà garantire che il compenso non sia inferiore “a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.
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