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Ecommerce ed economia digitale secondo il G20, l’incontro dei Ministri delle Finanze del Gruppo dei 20 maggiori Paesi industrializzati mondiali. Uno dei principali temi al riguardo è stata l’evoluzione della digital economy, del commercio elettronico e della pubblicità online a livello fiscale.

Vi sono stati grandi progressi in questi campi che non sono stati seguiti da nuove norme fiscali. Basti pensare all’incredibile sviluppo del commercio elettronico diretto, cioé il commercio di beni immateriali che superano facilmente le barriere territoriali. Lo scambio di questi beni avviene di sovente non solo in Europa ma anche oltreoceano. Se hai comprato software o temi per wordpress avrai notato che le società hanno bandiera americana o anche australiana.

Per questo tipo di transazioni però è ancora obbligatoria la fattura, ponendo forti disagi nel dover fatturare molte operazioni, magari di piccolo importo, per la vendita di software all’estero. La stessa cosa non accade con il commercio elettronico indiretto, per il quale non è obbligatoria l’emissione di tali documenti.

Al vaglio degli operatori vi è la soluzione della mancanza del nesso tra il Paese in cui vengono tassati i profitti ed il luogo dove viene effettivamente svolta l’attività economica. E’ il caso delle multinazionali che nonostante abbiano stabili organizzazioni in Paesi dove svolgono la propria attività economica, versano le imposte in altri Paesi dove la tassazione è minore.

Alcuni passi sono stati fatti ma non tutti hanno avuto esito positivo. Basti pensare alla famigerata web tax, norma che prevedeva possibile solo l’acquisto di servizi pubblicitari online solamente da soggetti con partita Iva italiana. Lo scalpore e le lamentele hanno fatto sì che la norma fosse abrogata dal DL 16
del 2014. La strada da fare è ancora lunga.

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