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L’Imposta sui Redditi d’Impresa sarà la nuova imposta per aziende che sostituirà l’attuale Ires e riguarderà anche  professionisti, almeno stando a quanto previsto nella bozza di delega alla riforma fiscale del Governo.

L’imposta potrebbe avere un’aliquota al 27,5% (secondo l’analisi de “Il Sole 24 Ore”) e si applicherà solo al reddito  d’impresa o di studio mentre gli utili prelevati dal titolare o dai soci continueranno a essere soggetti alle aliquote  progressive dell’Irpef. In questo modo si vogliono incentivare coloro che trattengono i proventi in azienda invece di  prelevarli.

Questa imposta conviene a tutti? Al di là delle considerazioni sull’eventuale aliquota (dando per buona l’aliquota del  27,5%, la tassazione sarebbe più onerosa per coloro che hanno redditi rientranti nello scaglione irpef del 23%) vi è da  dire che obiettivo dell’Iri sarebbe inventivare coloro che non prelevano gli utili lasciandoli in azienda (o nello studio). Il primo passo in tal senso è stato già fatto con l’ACE, ossia l’Aiuto alla Crescita Economica.

Sono apprezzabili gli sforzi per aiutare le aziende ed i lavoratori a superare la crisi, la domanda però nasce spontanea: come fa il piccolo imprenditore che vive solo dei proventi della sua attività ad avere la forza per non toccare gli utili e  reinvestirli in azienda?

Speriamo che nella versione definitiva del testo venga indicata un’aliquota vantaggiosa per tutti, così come si cambi la  normativa inerente l’Irap. Vi sono state moltissime pronunce riguardanti l’esenzione dell’imposta per gli autonomi ed  anche i piccoli imprenditori per i quali manca il requisito dell’autonoma organizzazione. Ad oggi però non risultano modifiche alla  normativa ed è stata stralciata la discussione al riguardo nell’ultima versione della bozza di delega del Governo.

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