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Gli ex minimi, coloro cioè che avevano aderito al regime dei minimi ma non potranno far parte del nuovo per la mancanza di uno dei requisiti ulteriori richiesti dalla legge, entreranno a far parte di un regime transitorio.

Gli ex minimi dovranno assoggettare le operazioni effettuate all’IVA e versare le imposte sul reddito secondo le ordinarie regole di tassazione. Per ciò che concerne l’IVA, i soggetti in questione godranno dell’esonero della liquidazione e dei versamenti periodici dell’imposta, unitamente ad altre agevolazioni quali l’esonero della registrazione e tenuta delle scritture contabili e l’esonero dall’Irap.

Si pone però un ulteriore problema: l’assoggettamento agli studi di settore.  La congruità agli studi di settore è data dal confronto dei ricavi dichiarati dal contribuente con le medie del mercato/settore di riferimento.

Se per disposizione di legge i contribuenti minimi dovevano avere redditi non superiori ad una certa soglia (30.000,00 euro) ed era quindi l’opzione automaticamente scelta per chi prevedeva redditi futuri  molto bassi, gli ex minimi  soggetti agli studi di settore potrebbero avere segnalazioni di incongruità dovute al divario tra redditi dichiarati ed i valori indicati dallo studio di settore come coerenti per il tipo di attività svolta.

Esistono circolari dell’Agenzia delle Entrate in cui si spiega come la non congruità agli studi di settore può essere dimostrata secondo il criterio di marginalità economica dell’attività svolta, con riguardo, ad esempio, alla ridotta dimensione della struttura oppure alla mancanza di personale dipendente, condizioni in cui rientrano appieno coloro che avevano aderito al regime dei minimi, ma che ora dovrebbero ‘giustificarsi‘, compilando le Annotazioni del modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore…

 

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