Seleziona una pagina

In questi giorni si è parlato a lungo della web tax, emendamento alla legge di stabilità inerente la vendita di servizi online. La proposta di legge, composta di 3 commi, riportava al primo l’obbligo di acquisto solamente da operatori con partita iva italiana, escludendo in questo modo le società estere prive di una stabile organizzazione nel nostro Paese.

La web tax

Il presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia  ha presentato una proposta di legge che proponeva, nella sua prima versione, la tassazione delle attività di raccolta pubblicitaria e di commercio elettronico che veniva svolta da società estere in Italia. Di fatto ci si riferiva a multinazionali quali Google, Amazon, Yahoo ed altre. Si è infatti spesso parlato di Google tax perché la proposta conteneva la tassazione relativa alle vendite di spazi pubblicitari dei link sponsorizzati che compaiono sulle pagine dei motori di ricerca, sicuramente chiunque di noi avrà fatto caso a questi collegamenti che possono comparire nelle schermate dei risultati. Per aumentare la portata della norma, la proposta conteneva anche il requisito della tracciabilità con bonifico bancario o postale dei pagamenti per contrastare l’evasione delle transazioni online.

Al di là delle polemiche fioccate sin dall’inizio e rimbalzate tra web e vari social, vi è da dire che la ratio della proposta di per sé non è completamente errata. Va bene favorire lo scambio di beni e servizi tra i vari Paesi e tra le imprese che in tali paesi operano, però tutto ciò deve avvenire ad armi pari. Se le multinazionali hanno la possibilità di fatturare da sedi operanti in Stati a fiscalità privilegiata con volumi d’affari quasi sconosciuti al fisco italiano, è giusto che si proponga una norma che disciplini le transazioni, altrimenti trasferiamoci tutti alle Cayman e finiamola lì.

Sicuramente l’imporre brutalmente l’apertura della partita iva italiana alle società estere per poter operare da noi non è una soluzione efficace. Si tratta pur sempre di commercio elettronico e di transazioni che viaggiano in rete. In questo senso, prescindendo da cavi ed infrastrutture materiali, come si può dare alla ‘rete’ una collocazione geografica?

Piuttosto tornerei sull’argomento fatturazione e sulla normativa italiana sul commercio elettronico. Come posso, all’alba del 2014, dire ancora ai miei clienti che nel caso di commercio elettronico indiretto, quello della vendita di beni fisici attraverso internet, la normativa si rifà alle vendite per corrispondenza perché bisogna considerare la rete solo come una canale ulteriore di vendita dei beni? Oppure che le transazioni relative al commercio elettronico diretto sono assimilate alle prestazioni di servizi, quindi con obbligo di fatturazione all’atto del pagamento del cliente? Chiunque di voi effettui commercio diretto sa delle implementazioni necessarie per gestire i dati di vendita e dei clienti per emettere i documenti necessari. Bisogna inoltre spingere ancora di più sull’innovazione in materia di fatturazione elettronica e gestione documentale elettronica.

Le ultime novità in materia

La web tax è stata rimaneggiata e l’obbligo di apertura della partita iva per il commercio elettronico svolto da società estere è stato tolto. Rimangono invece le previsioni in materia di vendita di spazi pubblicitari. All’art 17 si è aggiunto il 17 bis partendo dal comma 2 ed ora il testo riporta solo la parte relativa alla pubblicità:  “i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati online anche attraverso centri media ed operatori terzi sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana”. Al comma 2 si puntualizza: “Gli spazi pubblicitari online e i link sponsorizzati che appaiono sulle pagine dei risultati dei motori di ricerca (…), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio online (…) devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti quali editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario, titolari di partita Iva italiana”. Rimane anche l’obbligo della tracciabilità dei pagamenti tramite bonifici bancari o postali, quindi anche il comma 3 della proposta di legge è rimasto invariato.

1